7 giugno 2006 – Atesia da Il Manifesto

Atesia licenzia con la polizia
Quattrocento fuori sui mille previsti, le liste appese, i pianti, gli agenti dentro il call center. Secondo chi ha protestato sono «licenziamenti mirati». Adesso bisogna ritirare l'accordo, e far partecipare tutti i lavoratori

 

 

Francesco Piccioni

Avevano visto chiaro, i ragazzi del Collettivo precari di Atesia.
L'azienda del gruppo Almaviva ha cominciato ad applicare il cosiddetto «accordo» firmato l'11 aprile con Cisl, Uil e mezza Cgil; in pratica, ha cominciato a buttare fuori i primi 300-400 lavoratori su una cifra totale prevista di quasi 1.000. E' il risultato dello scambio ineguale previsto da quell'accordo: la «stabilizzazione» per un numero ridicolo di dipendenti a contratto «atipico» – appena 176 su circa 4.000, per di più part time a 5 ore su cinque giorni e turni distribuiti dalle 6 a mezzanotte -, la promessa di assunzione per altri 426 «a inserimento» e 1.100 «apprendisti» (dopo magari 5 o 5 anni di presenza continuativa).
Ieri questi lavoratori erano stati convocati per il rinnovo dei contratti. Una convocazione di routine, in altri tempi, perché sono tutti contratti a «progetto», rinnovati ogni tre mesi. Uno alla volta – esiste una «lista nera», ma nessuno ha potuto vederla) sono scesi al piano «-1», nel sotterraneo, per conoscere la propria sorte. Molti hanno così scoperto che non erano stati «rinnovati», cioè licenziati. Sempre uno alla volta salivano per chiedere delucidazioni al proprio «responsabile di campagna» (Atesia è un call center dove l'organizzazione del lavoro è organizzato per campagne pubblicitarie o per commesse) e qui si sono trovati al centro di una scena da inizio '800: il responsabile comunicava di non dover loro nessuna spiegazione, mentre tre o quattro poliziotti al suo fianco vigilavano che tutto filasse liscio. In qualche caso si sono sentite urla fin sulla strada, con gente che usciva piangendo e momenti di tensione palpabile, con i licenziati fermi in picchetto davanti agli ingressi e un folto schieramento di polizia.
I «non rinnovati» hanno il volto dei ragazzi del Collettivo, naturalmente; ma anche dei lavoratori che avevano partecipato agli scioperi di quest'ultimo anno e mezzo. Ma non mancavano le persone semplicemente attente alla propria dignità che si erano a volte difese verbalmente dai peggiori eccessi di capisala e sorveglianti vari.
Nessun dubbio che si tratti di un «repulisti selettivo» innescato legalmente da una schifezza di accordo che neppure è stato sottoposto al vaglio dei diretti interessati (e dire che il Nidil-Cgil aveva fissato il referendum per il 15 maggio). Altre volte c'erano stati dei mancati rinnovi, ma avevano sempre riguardato gente stufa di farsi trattare così o che trovava un posto migliore. Stavolta invece sono una massa, e tutti per qualche ragione invisi all'azienda. A nulla è servito l'annuncio che, nei giorni scorsi, la «la Cgil tutta, tramite il segretario generale della Slc, diffidava il Gruppo Almaviva dall'applicare l'accordo dell'11 aprile, tenuto conto dell'ispezione del ministero del lavoro cui l'azienda era stata sottoposta». Del resto, la Cgil sconta la firma inopinatamente apposta sotto l'accordo da Rosario Strazzullo (Slc) e da Nicoletta Rocchi (della segreteria confederale). A nulla sono fin qui serviti gli interessamenti del presidente del X municipio d Roma, Sandro Medici; né quello degli assessori regionali.
Il neo-sottosegretario al ministero del lavoro, Rosa Rinaldi, fino a qualche giorno fa era vicepresidente della provincia di Roma. In quella veste aveva conosciuto la barbarie della vita all'interno di Atesia, e l'aveva definita «la faccia più moderna della schiavitù». Ora che tutti si rivolgono al ministero del lavoro perché intervenga in questa vicenda – vergognosa anche perché Atesia è proprietà di Alberto Tripi, tra i primi sostenitori della Margherita rutelliana – è bene che la risposta sia chiara. Come minimo un'immediata messa in moratoria di quell'accordo. Atesia è un test chiave per le promesse del centrosinistra sul tema della precarietà. Se quello che è accaduto ieri non sarà modificato, questo governo dichiarerà che il mondo del lavoro non è tra le sue priorità. Un pessimo inizio.

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