Quei poveri cocoprò del 12 40
Nuovi licenziamenti e soprusi nel call center Telegate di
Livorno
TOMMASO TINTORI
LIVORNO
E' di nuovo bufera, a Livorno, attorno al call center
Telegate, che lavora per l'89 24 24 «Pronto Pagine Gialle» e
il 12 40. Prima per un appuntamento tra il segretario Slc-
Cgil, Nicola Triolo, e una delegazione di lavoratori al quale
il sindacalista non si sarebbe presentato. Poi per l'incontro
privato, scoperto per puro caso, avvenuto lo scorso 15
febbraio tra lo stesso Triolo, un rappresentante della Uil e i
vertici Telegate negli uffici del call center a Guasticce,
apparso ai più come l'ennesima mancanza di rispetto da
parte del sindacato nei confronti dei centralinisti. Durante
l'incontro, l'azienda si sarebbe mostrata preoccupata per
una riduzione del traffico-chiamate pari al 20%. Uno sfogo
che non trova riscontro nelle testimonianze dei
centralinisti, che riferiscono di un surplus di chiamate e di
una forte richiesta di straordinari. Tra l'altro, il periodo
precedente rispetto al quale l'azienda calcola il decremento
è stato valutato dalla stessa Telegate di eccezionale
produzione. Sarebbe insomma come fare una stima dei
flussi turistici la settimana successiva a Ferragosto. Ma
Telegate si sarebbe lamentata anche per la diminuzione
delle tariffe di alcuni call center concorrenti (nel mirino
l'adozione della chiamata a costo fisso), tanto da parlare di
concorrenza sleale. Dall'altra parte replicano che la
concorrenza sleale la fa chi annovera solo 13 assunti con
contratti da dipendente a fronte di 321 lavoratori a
progetto (66 a un anno, 75 a 6 mesi e 180 a 3 mesi), tanto
che si vocifera di un'ispezione avviata dall'Inps proprio in
virtù di questo incredibile squilibrio tra assunti e precari.
L'azienda avrebbe in un certo senso preparato il campo per
giustificare il mancato rinnovo di 13 contratti sui 50 scaduti
il 28 febbraio, un numero che Antonio Colaianni, direttore
generale di Telegate, ha detto non discostarsi dalla
percentuale del 9,2% registrata fino ad oggi e considerata
«fisiologica». Peccato che 13 su 50 rappresentino il 25% e
non il 9% e che, contrariamente a quanto dichiarato al
quotidiano Il Tirreno, all'azienda conviene eccome avere un
alto turn-over del personale, basti pensare ai vantaggi
derivanti dalla minore sindacalizzazione dei nuovi assunti.
Resta da capire su quali criteri si basino le riconferme.
Operatori ed operatrici non hanno dubbi: confrontandosi
tra loro è emerso come al primo posto (al contrario di
quanto sostenuto dall'azienda) non ci sia la competenza
acquisita e la bravura dimostrata, ma la «disponibilità» del
centralinista: disponibilità agli straordinari e numero di ore
lavorative «ordinarie» offerte. Tutto qua? Neanche per idea:
sarebbe emerso come la lista dei riconfermati arrivi
direttamente dagli uffici di Torino. Quanto accaduto ad
almeno tre centralinisti non farebbe che alimentare questo
sospetto: chiamati da alcuni responsabili a discutere in
separata sede del rinnovo del contratto, questi sarebbero
stati accusati di aver risposto male ad alcuni clienti, episodi
mai verificatisi durante il cosiddetto «affiancamento».
Accuse rivelatesi poi infondate e successivamente spiegate
con errori di omonimia (in tutti e tre i casi riscontrati si
trattava di nomi propri che appartengono a due o più
persone). Impossibile non condividere il sospetto dei
lavoratori Telegate: che la selezione delle riconferme non
avvenga attraverso una valutazione di merito emersa dal
periodo di affiancamento (come da regolamento), bensì
mediante l'ascolto furtivo (difatti non contemplato dalla
legge) delle telefonate con i clienti.
«Attenzione, se votate a sinistra sarete licenziati»
Singolare campagna elettorale tra i ragazzi del call center
di una multinazionale della ristorazione veloce
Succede alla Bofrost, multinazionale tedesca leader nella
vendita per telefono di surgelati. Pressioni dei capi sui
giovani precari. Se rimane il Cavaliere, dicono, potrete
mantenere il lavoro
PAOLO ANDRUCCIOLI
La Bofrost, multinazionale tedesca dei surgelati, occupa un
mercato nuovo, fatto di quelle migliaia di persone che, per i
loro tempi di lavoro e la nevrosi quotidiana a cui un po'
tutti siamo costretti, non riescono a organizzarsi per fare
una normale spesa e permettersi pranzi e cene cucinate alla
vecchia maniera. La Bofrost offre il pranzo o la cena veloci:
basta telefonare o prenotare via internet quello che si
desidera: dai primi piatti, fino al gelato. Un servizio
all'altezza dei tempi, che si avvale – anche questo in
perfetta sintonia con il presente – di ragazzi assunti con
contratti a tempo determinato, spesso ristrettissimi, anche
di due mesi. Si chiamano, come sanno bene i lettori,
«cocopro», che sono una derivazione dei «cococo». Sono
ragazzi che vengono assunti «a progetto» per rispondere al
telefono e trattare con i clienti. Il progetto, in questo caso,
è il servizio surgelati a domicilio. Che c'è dunque di nuovo?
Si scopre che questi giovani lavoratori, oltre a subire i
ricatti economici della precarietà (lo stipendio è legato alle
commissioni ottenute e se va bene si riesce a portare a casa
500 euro al mese) possono essere sottoposti anche a
pressioni elettorali. La denuncia è comparsa su un sito
internet di informazione e controinformazione (www.
contrappunti.info) dove si racconta della dichiarazione di
un capo aerea della Bofrost. Pregate Dio – avrebbe detto il
capo – che alle prossime elezioni vinca il Cavaliere, perché
se vince la sinistra dovremo licenziarvi tutti. Abbiamo
cercato qualche riscontro, ma la cosa è difficile perché
quasi sempre in questi posti di lavoro il sindacato non è
presente. Anzi, si legge che la Corte di Giustizia europea si
è dovuta occupare della Bofrost che – tra il 2000 e il 2001 –
aveva rifiutato di applicare le regole di trasparenza
sindacale previste per le imprese europee. In Italia la
Bofrost ha spostato continuamente i suoi servizi e applica
una mobilità molto spinta sia ai contratti, sia alla stessa
organizzazione del lavoro. A Roma, per esempio, la
multinazionale avrebbe diviso in due il call center,
impegnando una parte dei ragazzi e delle ragazze alla
vendita e un'altra alla distribuzione dei cataloghi dei
prodotti.
Ma è possibile utilizzare la legge 30 come rircatto
elettorale? «Non so se è vera questa notizia – commenta
Cesare Damiano, responsabile del lavoro e delle professioni
dei Ds – ma se fosse vera, dimostrerebbe come certi
dirigenti intendono oggi il rapporto di lavoro: precario e
sempre sotto ricatto, il tutto condito con il tentativo di
condizionare anche politicamente i giovani». E' inutile dire,
conclude Damiano, che questo è anche il frutto delle leggi
varate dal centrodestra, leggi che noi ci prepariamo a
modificare.
«La legge Biagi salva questi giovani dei call center? – si
chiede Maurizio Scarpa, segretario nazionale della Filcams
Cgil – a quanto pare certi dirigenti dicono cose imprecise
perché è proprio la legge 30 che permette forme di lavoro
di questo tipo. Se rimarrà tale, questi giovani saranno
licenziati proprio perché non possono essere assunti a
tempo indeterminato. L'altra cosa che i dirigenti non dicono
è che esiste un contratto nazionale dei dipendenti dei call
center, un contratto che le imprese si guardano bene di
applicare. Le norme – dice ancora Scarpa – prevederebbero
l'assunzione a tempo indeterminato del 50% dei dipendenti
dei call center. Cosa molto distante dalla realtà. «Non
sappiamo bene quale sia il clima in questo call center – dice
Davide Imola, del sindacato Nidil Cgil – ma la storia,
purtroppo, è credibile perché ci sono migliaia di giovani
lavoratori che vivono di ricatti». Anche la Cisl, come la Cgil,
ha cominciato il lavoro di sindacalizzazione dei giovani
precari. Come Lai (lavoratori atipici e interinali), dice Ivan
Guizzardi, stiamo per lanciare degli «sportelli» nei pub,
dove i ragazzi si incontrano.
Licenziate tre «cocopro»
Succede nel call center che cerca contratti per Elitel
Alla Team promotion i cocopro vogliono essere assunti a
tempo indeterminato e si iscrivono alla Cub. L'azienda ne
licenzia tre, in tronco
MANUELA CARTOSIO
MILANO
Team promotion, call center specializzato nelle promozione
di contratti telefonici, ha licenziato in tronco tre lavoratrici «a
progetto». «Non hanno rispettato i parametri produttivi
fissati dal contratto», afferma l'azienda che ieri ha impedito
loro l'ingresso nella sede di via Copernico. La ragione vera è
un'altra: le tre cocopro, con l'appoggio della Cub, avevano
aperto una vertenza per rivendicare l'assunzione a tempo
indeterminato per gli operatori del call center, essendo
pacifico che tutti svolgono un lavoro subordinato.Il
parametro produttivo fissato – «chiudere» almeno un
contratto per ogni ora di lavoro – assomiglia molto da vicino
al cottimo. Team promotion lavora per la compagnia
telefonica Elitel. Chiudere un contratto significa convincere
un abbonato Telecom a passare ad Elitel, tornata nel mirino
di Striscia la notizia su segnalazioni di ignari cittadini che
ricevono bollette Elitel senza aver firmato alcun contratto. Le
tre cocopro licenziate il parametro produttivo non l'hanno
rispettato per scelta. «Non avendo altri strumenti di lotta a
disposizione, abbiamo attuato uno sciopero bianco»,
racconta Soriane, quarantunenne brasiliana, contratto a
progetto fotocopia rinnovato per la terza volta a dicembre. E
comunque, tiene a precisare Soriane, «noi operatrici del call
center ci limitiamo a fare i colloqui con le persone elencate
sui tabulati». Le registrazioni dei colloqui, che non devono
mai superare i 15 minuti, vengono ascoltate e verificate dai
dirigenti, «la responsabilità di disservizi ed errori è loro, non
nostra». E' ovvio, aggiungiamo noi, che se Elitel paga a sua
volta a cottimo Team Promotion, quest'ultima è incentivata a
moltiplicare con un po' di fantasia i contratti stipulati.
Nei due call center di Team promotion lavorano circa 45
operatori. Prima erano tutti a ritenuta d'acconto, dopo la
legge Biagi tutti cocopro. Il turn over è altissimo, perché
molti non riescono a rispettare lo standard «un'ora di lavoro-
un contratto per Elitel». La paga lorda è di 7,65 euro l'ora,
niente ferie, niente tredicesima e zero soldi se si sta assenti
per malattia. I pochi che fanno il full time arrivano a stento a
mille euro al mese. Un quarto d'ora di pausa ogni due ore di
lavoro, e in quella manciata di minuti deve starci anche il
panino.
E' dall'anno scorso che le lavoratrici di Team promotion
insistono per essere assunte a tempo indeterminato come
lavoratrici subordinate. Per tenerle calme, l'azienda aveva
promesso che a dicembre i cocopro sarebbero stati
archiviati. Invece, li ha rinnovati per altri sei mesi. Le
lavoratrici non si sono date per vinte. «Sfido chiunque a dire
dove sia il progetto in quel che facciamo. Gli strumenti che
usiamo sono dell'azienda. I tempi li detta l'azienda. Il lavoro
lo svolgiamo come ordina l'azienda. Siamo subordinate in
tutto e per tutto. Il contratto a progetto serve solo a tenerci
precarie a vita», dice Soriane. Come lei, molte si sono iscritte
alla Confederazione unitaria di base, hanno distribuito
volantini e stavano organizzando l'elezione dei delegati.
Deve essere stata questa la goccia che ha fatto scattare i
licenziamenti che, trattandosi di cocopro, non necessitano di
«giusta causa». I legali della Cub valuteranno la possibilità di
impugnarli comunque di fronte alla magistratura. Intanto
Soriale e le altre programmano manifestazioni di fronte alle
sedi di Team Promotion «e anche di Elitel. Il gabibbo è
avvisato.