In occasione della seconda edizione della Sagra del Precario, il collettivo di autoproduzioni video
mob-com, ha realizzato un documentario sociale indagando sul legame tra precarietà ed immaginario collettivo.
Il documentario dal titolo 100% PRECARIO, rappresenta un tentativo di analisi e di sintesi sui processi di precarizzazione.
Abbiamo cercato di analizzare, attraverso il mezzo intervista, i desideri, le reazioni, i sentimenti, la normalità dei precar*, chiedendoci se:
Esiste un immaginario precario?
I media presentano una versione socialmente definita della realtà, un simulacro della realtà oggettiva che finisce per identificarsi con la normalità e che è suscettibile a confronti con le altre realtà costruite socialmente come la vita quotidiana di un/a precari*.
La realtà socialmente definita dai media prevede la realizzazione di passaggi collettivi, quali la costruzione di una famiglia tradizionale, il possesso di una casa, un lavoro e quindi stabilità.
Il tutto coadiuvato da un meccanismo di ininterrotta produzione di simboli ed informazioni che provvede a controllare ed a incanalare ogni pulsione, pensiero e desiderio umano verso il lavoro.
Vengono così imposti dall'alto stili di vita e modelli di comportamento, spesso decontestualizzati e di conseguenza riproducibili ma in realtà inaccessibili.
Viene in questo modo rappresentata una normalità irraggiungibile alimentata da un meccanismo di delirante desiderio.
Se quindi, la normalità è irraggiungibile per il precario, il precario stesso si fa anormale.
Il precario non riesce a ribellarsi a questo meccanismo imponendo il suo stile di vita, il suo modello, in quanto ancora non esiste un immaginario condiviso, un modello di comportamento condiviso, degli strumenti di lotta per rivendicare una via d'uscita dall'impasse.
Si può parlare allora di classe precaria?
Sicuramente non nell'accezione classica del concetto, ma in senso rivisitato e determinato da entità immaginarie di tipo trasversale, atomizzate e prive di una presa di coscienza collettiva.
Esistono quindi differenze sostanziali tra ciò che desiderano gli operai, i ricercatori universitari, gli operatori dei call center, gli impiegati?
No, certo è che la mancanza di riferimenti, di momenti di rottura e di conflitto, di una presa di coscienza collettiva, portano necessariamente alla mancanza di una consapevolezza da parte di tutti questi individui di condividere simboli ed informazioni in grado di rafforzare il senso di appartenenza alla comunità stessa.
Ma c'è una via di scampo.
Si segnalano, sparpagliate in giro, forme interessanti di microresistenza individuale e collettiva.
Si è verificata la trasformazione della percezione collettiva del concetto stesso di lavoro, che appare, ormai irreversibilmente, cosa diversa dal luogo della dignità che ha portato alla luce la classe operaia. Si sta sviluppando, infedeltà al sistema.
Cospirare significa ritrovare, quel tratto irriducibile del desiderio umano e dell'esperienza che non è mai del tutto censurabile, governabile, alienabile, trasmissibile.
Essere infedeli significa immaginare, rivendicare, lottare.